giovedì 10 luglio 2014

« [...] scendevi come una vertigine...



...saltando gli scalini, e mi conducevi
oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti
al di là dello specchio... »

(da Primi incontri di Arsenij Tarkovskij)

Per Claudia: buon compleanno.
Quanto mi facesti ridere quando me lo raccontasti...

mercoledì 9 luglio 2014

Simbologie metaforiche

Ciao papà.
Venti anni fa ti accompagnammo là da dove non saresti più tornato.
In noi sarai sempre.


 

lunedì 7 luglio 2014

Fotogrammi della mia memoria




Champoluc.
Aosta 7 luglio 1994.

"Su questi monti
immersi nell'azzurro del Paradiso
ho lasciato la mia anima."
                                         Angelo



Oggi 7 luglio 2014 se ne vanno venti anni senza di te, papà. In questo giorno singolare metto da parte il cinema e scelgo di tradurre a parole i fotogrammi affiorati alla mia memoria pochi giorni fa grazie a mamma.

Dedicato a papà.
In memoria di Riccardo Veraldi, il pittore, e Ilva Sgarbi, sua moglie.

Piccina io, aggrappata alla mano di papà salivo le scale della corte, percorrevo il ballatoio esterno e entravo in mansarda nella minuscola anticamera. Tre sedie, un tavolino di legno sbeccato, un fornelletto a gas su cui sbuffava e borbottava una caffettiera. La mano esile e nodosa dell’artista la toglieva prontamente dal fuoco e ne versava il contenuto nelle tazzine spaiate che venivano porte a mamma e papà e agli altri ospiti presenti. L’odore del caffè era contrastato da quello dei solventi e dei colori a olio, così il mio sguardo curioso vagava di già nella stanza adiacente oltre la soglia senza porta. Tavolozze macchiate di colori, tele poggiate con noncuranza le une sulle altre a terra, altre appese già incorniciate. Ora entriamo, diceva la moglie dell’artista, ben più loquace e in carne rispetto a lui, il pittore, che senza doverne parlare lasciava trasparire tutta la sua malinconia dagli occhi di brace. Nello stesso modo anche le pennellate che imprimeva sulla tela unite ai soggetti e all’uso dei colori esprimevano la sua forza e la sua rabbia, l’impotenza, in altri casi la sua dolcezza e il suo garbo.

Riccardo Veraldi

La stanza era un rettangolo e sulla parete destra, un lato corto, c’era una finestrella che dava sulla vecchia corte milanese, lungo gli altri lati pennelli a mollo, cavalletti con opere abbozzate o quasi terminate, tele e tavolozze, sculture, panchine di legno strette e senza schienale su cui era quasi impossibile sedere senza battere la testa contro il tetto spiovente. Le tele venivano spostate e osservate, si discuteva sulla genesi delle varie opere, persino di un nudo di donna, una copia dal vero.

Riccardo Veraldi nel suo studio a Milano

Ma la modella non si vergogna a posare tutta nuda? Pensavo e arrossivo, credo. Ogni volta, almeno un quadro mamma e papà lo compravano, di solito ancora senza cornice, e si doveva tornare a ritirarlo dopo che gli era stata messa.

Riccardo Veraldi, Tenerezze, nella collezione di mamma e papà

Osservavo quella mansarda che fungeva da studio e quel pittore barbuto magro e silenzioso, che dipingeva quadri forti e variopinti con un’intensità tale da scuotermi, e lo vedevo parlare con il mio papà, lo faceva sentire a suo agio, penso, perché come lui era schietto, diretto, semplice. Ma anche spiritoso. Magicamente il pittore ombroso e silenzioso con papà diventava chiacchierone e sorridente.

Lago Blu, Champoluc
Lago Blu, Champoluc

domenica 6 luglio 2014

"Un chien andalou", 1929



Scritto, prodotto e interpretato da Luis Buñuel e Salvador Dalí, diretto da Buñuel.